CAPITOLO 1 – Quattro scelte

LA PRIMA GRANDE SCELTA VISIONARIA
La prima grande svolta della mia vita fu nel 1995:
avevo appena finito il servizio militare e dopo aver passato qualche giorno in vacanza andai subito a lavorare in una fabbrica i cui titolari erano miei parenti e vicini di casa.

Mi aspettavano da sempre e avevano riposto grandi speranze nelle mie capacità. Capii subito che non poteva essere la mia strada e soprattutto il mio ambiente.

La mattina appena arrivavo a lavoro, alle 6 in punto, aprivo le grandi porte di ferro, mi mancava l’aria e il rumore risuonava nella testa dove la confusione era già di casa.

Il tempo di fare le visite mediche e subito presentai le dimissioni; erano passati appena 20 giorni.
Mio padre e mia nonna, legati al vecchio schema del posto fisso, cercarono in tutti i modi di farmi tornare sui miei passi.

C’era la paura di non essere ben giudicati e di avere difficoltà nel trovare altri lavori. Convinzioni ben radicate nel vecchio modo di pensare, ma non nel mio.
Come al solito, la mia determinazione e la mia tenacia mi condussero verso la mia nuova strada. 

 

Durante il periodo militare passavo molto tempo nelle
camerate dove conobbi un ragazzo, umbro come
me, che mi consigliò la lettura di una rivista che si
chiamava Millionaire. Stavano uscendo, proprio in
quel periodo, molti franchising, ovvero catene di
negozi. Venni subito attratto da quel nuovo modo
di vedere il mondo del lavoro e mi innamorai di un
progetto ambizioso e visionario.
Già a fine 1995 mi affiliai a un franchising che si
occupava di intermediazione di oggetti usati. Ero
stato ispirato dal mio primo viaggio a New York:
nella sua periferia, come in altre parti d’America, si
svolgevano dei garage party dove ognuno esponeva
la propria merce al fine di dare nuova vita a oggetti
ormai sepolti in cantina e racimolare un po’ di soldi.
Nel mio caso era ben diverso, perché mi affiliai a una
catena che contava solo sei negozi in tutta Italia.
Credevo talmente tanto in ciò che stavo facendo
che svincolai tutti i soldi che avevo risparmiato negli
anni di gioventù, che arrivavano da rimborsi calcistici, piccoli lavoretti e soprattutto dal lavoro di giardiniere che portavo avanti nel periodo estivo, con mio
nonno, quando ero in vacanza. Credeva talmente in
me che già mi dava lo stesso importo che guadagnava lui, e pensare che avevo solo 14 anni.
In quel periodo, sempre durante le ferie, facevo
anche il benzinaio presso un distributore vicino
casa e consegnavo la spesa per il negozio di alimentari di mia madre. La scelta di lasciare il posto
fisso per avventurarmi in una nuova sfida poteva
sembrare una vera follia in quel momento, ma a
dispetto di tutto svincolai i buoni fruttiferi postali, il cui valore, in quel periodo, raddoppiava nel
giro di pochi anni.
Ben presto questi nuovi tipi di attività decollarono e i negozi di franchising diventarono centinaia.
Come accade per ogni lavoro innovativo, in tanti
tentarono la fortuna: ho visto aprire decine di attività simili alla mia in quel periodo nella mia città, ma
non ne fui intimorito. Quando mi confrontavo con
gli altri del settore dicevo sempre: “C’è spazio per
tutti e poi, se sono più bravi, è giusto che ci diano
del filo da torcere”, ma in realtà non è stato mai così.
Ho sempre interpretato la mia attività come una
missione attraverso la quale poter aiutare chi in quel
momento della sua esistenza si trovava in difficoltà o
aveva voglia di donare una nuova vita a della merce
che, in tal modo, non sarebbe andata a finire tra i
rifiuti. Utilizzando tutte le mie energie del momento, la mia empatia e la mia professionalità, vidi ben
presto chiudere i battenti alla concorrenza che non
riusciva a trovare il proprio spazio.
Andai sempre per la mia strada e arrivai a fatturare
cifre importanti, fino a essere riconosciuto come uno
dei negozi più grandi ed efficaci in Italia. Misi tutto
me stesso in questo progetto, mi distoglieva dai miei dolori: ero impegnatissimo, anche per 15 ore al giorno, e gli anni passavano veloci.
Sempre più lavoro, sempre meno tempo.
La ricompensa più grande sono stati i miei clienti,
ho avuto sempre un grande rapporto con tutti. Ho
servito tutte le etnie, con clientela molto vasta, che
comprendeva professori, avvocati, operai, ragazzi,
nonni e bambini. Una grande scuola di relazioni.
Ho imparato molto da ognuno dei miei interlocutori e tutto ciò è adesso la mia forza, poiché ho
la capacità di comprendere tante dinamiche ad altri sconosciute. Ho servito anche 150 persone in un
giorno e ho sempre ricevuto grande stima e fiducia.
Cercavo di capire cosa li portasse da me, cosa potessi fare per loro. A distanza di anni mi rendo conto di
quante situazioni ho vissuto in questa vita lavorativa, in quante case sono entrato, quante emozioni mi
sono ritrovato a vivere. Quando tocchi un oggetto di
qualcun altro, tocchi la sua storia, i suoi sacrifici nel
raggiungere quell’acquisto, la sua anima. Ho allenato la mia sensibilità, ho allenato il mio ascolto.
Sono stato sempre un datore di lavoro molto attivo, anche nei lavori manuali: caricavo, scaricavo,
e tanti clienti mi chiedevano come mai non facessi
intervenire i miei collaboratori. Le risposte erano
due: la prima è che volevo dare un servizio eccellente e veloce, la seconda era che volevo sfidare
il mio corpo, portarlo a un altro livello, oltre il
dolore. Chi conosceva la mia patologia mi ha sempre
 detto: “Ma come fai? Sai quello che rischi?”
e, immancabilmente, la mia risposta era: “Certo,
rischio che se mi fermo mi blocco. Se la mia malattia vuole prendermi, mi deve correre appresso
lei!”. In quel periodo le davo del lei, la rispettavo
e la chiamavo ancora malattia.
Sono rimasto legato 25 anni a questa attività e, a posteriori, posso dire che è stata una scelta illuminante,
ma come nella lettura di ogni libro bisogna passare
alla pagina successiva, mi sono reso conto che dovevo
far confluire le mie capacità personali, unitamente a
quelle acquisite, dove avevano più valore.

LA SECONDA SCELTA FONDAMENTALE
La mia seconda svolta si chiama Roberto Cerè, che
è entrato nella mia vita nel 2015. Dopo aver fatto
due corsi nel 2000 sulla conoscenza delle dinamiche
mentali e non aver avuto la risposta che cercavo, mi
ero ritirato nel mio mondo lavorativo.
Era l’inizio di quel fatidico anno quando, nel
momento più difficile della mia vita, vidi un post
su Facebook di Roberto: non sapevo chi fosse,
non conoscevo il suo mondo ma vedevo la sua direzione, la sua energia. Le mie condizioni fisiche
erano diventate troppo difficili da gestire, qualche
problema in famiglia e diverbi sul lavoro furono
la giusta motivazione per spingere quel tasto sul
telefono, gesto che mi portò, qualche mese dopo,
al palazzetto di Rimini.
Trovai migliaia di persone in fermento arrivate da
tutte le regioni, con una carica incredibile. Era per me
una situazione completamente nuova, ma quando entrai e vidi tutti quei ragazzi in uniforme che allietavano le conversazioni con i nuovi arrivati e ci facevano
saltare sui tappeti elastici, capii che era anche la mia
energia, ero dove volevo essere, ero nel mondo dove
potevo migliorare me stesso aiutando gli altri.
Decisi in quel giorno che volevo vestire esattamente quel ruolo e che avevo le qualità per indossare
quell’uniforme, che ho sempre definito da supereroe. Quando indossi quella divisa sai di avere delle
grandi responsabilità nei confronti di chi vede in te
un punto di riferimento, un supporto importante.
L’uniforme era la divisa da coach, bella, bellissima
e con la bandiera dell’Italia, il nome del coach, con
stelline guadagnate in varie prove nel mondo.
Ero appena entrato nel mondo di Cerè, un mondo
fatto di motivazione, conoscenza, innovazione, sfide e soprattutto trasformazione, con l’obiettivo di
arrivare all’eccellenza. Mi sentivo nel mio mondo,
ciò che ci voleva per scavalcare un momento difficile, qualcosa in cui credere per rialzarsi dopo aver
toccato il fondo. Ho conosciuto in quei giorni tante
anime in difficoltà, ma con grandi qualità da portare
alla luce: alcuni di loro sarebbero poi diventati i miei
nuovi compagni di viaggio negli anni successivi.

LA TERZA GRANDE SCELTA DEL CUORE
La terza scelta avvenne a Montecarlo, dove ero arrivato dopo aver frequentato il corso a Rimini. In
pochi mesi venni catapultato in una nuova e straordinaria avventura. Non sapevo bene che cosa stavo
facendo così lontano da casa e non capivo fino in
fondo cosa veramente mi avesse spinto lì.
L’evento era denominato “Strategie per coach
2015” e grazie a esso arrivò la mia svolta. Quando
Roberto disse: “In qualsiasi condizione si può fare la
maratona di New York” e “La maratona è lo specchio della vita”, sono partito, la mia mente aveva iniziato il suo viaggio.
In quel momento decisi di lanciare dalla finestra le
mie “scarpe ortopediche”, così le chiamavo io, cioè
quelle altissime scarpe da ginnastica basculanti che
sembravano indispensabili nelle mie giornate. Praticamente Roberto stava dando l’avvio al suo nuovo
anno accademico del master, il Micap, ovvero il Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni,
ed era la terza edizione. Ero lì con mia moglie e la tensione era alta, alcuni investimenti elevati fatti in azienda mi portavano a non avere le necessarie capacità
economiche per affrontare un simile nuovo percorso.
Ma ormai questo sogno si era innescato nella mia testa.
Ci sono dei momenti nella vita durante i quali sai
precisamente cosa devi fare, lo senti nello stomaco,
inizia dentro di te un fermento, lo senti anche per
come il cuore pompa più forte. Pur senza capacità
d’acquisto mi sono iscritto al corso, sapevo che era
la cosa giusta e solo dopo avrei capito come fronteggiare questo nuovo investimento. Sono convinto che
non esista migliore investimento che quello fatto su
noi stessi. Da imprenditore sapevo benissimo anche
che non è importante ciò che paghi per formarti, ma
i risultati che dopo andrai a ottenere.
Avevo già speso milioni e milioni di lire, pari al valore
di questo ultimo corso, nella speranza di fronteggiare
i miei dolori, ma senza risultati. Roberto Cerè aveva
riacceso una grande luce, una speranza che nel tempo avevo perso, pur essendo positivo di natura. Fino
a quel momento avevo vissuto da malato, avevo creduto ai tanti dottori che mi dicevano che ero in cattive
condizioni e che non avrei potuto farci nulla. Adesso il
focus era cambiato, sapevo che le mie problematiche
sarebbero diventate la mia storia di successo.

LA QUARTA SCELTA, QUELLA EPOCALE
L’ultima scelta è stata anche la più difficile in assoluto,
poiché c’è dentro tutto il mio mondo e perché mi è servita tutta la forza che avevo maturato fino a quel momento, come tutte le nuove capacità acquisite. Una scelta
ponderata e definita già dal mio ingresso al master, ma
anche condizionata da fattori esterni, difficili da gestire.
Sono passati sei anni da quel fatidico ottobre 2015,
anni speciali durante i quali ho vissuto tante fasi, alcune delle quali ho già descritto sopra, o che troverai
nelle prossime pagine. Anni di difficoltà economiche
ed emotive, scelte drastiche per arrivare a un obiettivo categorico: essere me stesso e fare della mia nuova
vita un percorso sereno, all’interno del quale accogliere tante persone in difficoltà e farle tornare a vivere,
con la consapevolezza delle loro grandi capacità.
Ho sofferto, mi sono fatto aiutare dai miei suoceri,
dai miei genitori, ma ci ho sempre creduto e, proprio mentre sto finendo di scrivere il libro, ho avuto
la possibilità di aggiungere questo capitolo: proprio
in questi giorni ho “firmato” infatti la mia libertà
mentale, emotiva ed economica, sono diventato in
assoluto padrone del mio tempo e dei miei spazi.
Ho chiuso con la mia vecchia attività per crearne
una tutta nuova e il nome rende già l’idea: “Finalmente Io”. Un titolo che prende spunto da programmi di Roberto Cerè, semplicemente un concetto che
rende benissimo l’idea di quale sia la mia strada e,
soprattutto, che indica in maniera ben chiara quale sia l’aspettativa delle persone che intraprendono
un cammino con me. Incontreranno qualcuno che li
porterà a essere finalmente se stessi e a prendere in
mano la propria vita, come mai in passato.
Ambizioso ma realista, dopo aver lasciato la mia
vecchia azienda a settembre del 2020, in pieno periodo Covid-19, sono stato fermo tre mesi, in attesa che
tutte le pratiche burocratiche andassero a buon fine
e, pur non potendo pretendere gli effetti sperati in un
arco di tempo tanto breve, mi sono tuffato comunque nella nuova avventura. Sparare e poi mirare, fare
qualcosa per poi migliorare in corsa strada facendo.
Ho iniziato a collaborare con un’azienda con cui
avevo avuto rapporti negli anni precedenti e con cui
avevo creato un grande rapporto di fiducia. Un primo
contratto di sei mesi per poi capire come evolvere,
formazione e motivazione dei dipendenti, questo è
il primo incarico di “Finalmente Io”. Gestire il personale attraverso la loro fiducia nel tuo operato è il
risultato più bello. Quando le persone vedono che sei
un professionista concreto e motivato, conquisti subito un potere fondamentale che ti porta a guidare con
successo decine di professionisti di tutte le età.
Nel frattempo grazie a “Finalmente Io”, anche
tre donne sono tornare a vedere un futuro e, con
un sorriso diverso, hanno iniziato il loro percorso
verso il cambiamento. Sto parlando di un’insegnante, di una consulente e di una prossima direttrice di banca, stressate dai molteplici impegni e
dagli scarsi riconoscimenti che in questo momento il mercato del lavoro offre. Lasciare le vecchie
abitudini disfunzionali per inserire nella propria
vita nuove tecniche che segneranno la nuova strada in maniera indelebile, questa è la nostra missione e sarà anche il nostro risultato, come lo è stato
già in passato con gli altri corsisti.
Come ogni attività che prevede un rapporto umano, anch’essa deve crescere nel tempo e rispettare la
sensibilità di ogni individuo, ma soprattutto occorre
dedicare la giusta attenzione a ognuno.
La prima domanda che mi pongono i miei clienti è: “Ma quanto tempo trascorreremo insieme?”.
Io faccio una previsione di massima, ma soprattutto faccio capire che quello trascorso con me è il
“loro” tempo, un tempo che stanno finalmente regalando a se stessi, nella consapevolezza che ognuno ha bisogno del suo spazio, a seconda del proprio
vissuto. Ci sono delle fortezze inviolate che hanno
bisogno di essere espugnate e muri fino ad allora
invalicabili che possono essere aggirati.
Molte iniziative rivolte a scopi benefici sono nel
mio cassetto, in attesa che possiamo tornare a guardarci negli occhi dopo l’era Covid-19, e che mi porteranno a condividere con tante anime affini la voglia
di aiutare chi vive dei momenti difficili. Laboratori
per sperimentare e creare nuovi modi di agire sono
in attesa di incontrare i loro protagonisti.
Molto spesso mi chiedono quando farò degli incontri
e la mia risposta è sempre la stessa: “Appena riusciamo a toglierci almeno questa maschera”. Ho già tante persone con la voglia di mettersi in gioco e questo
libro sarà lo spunto per andare ancora avanti, per far
conoscere quello che è il mio pensiero, che è stato da
sempre il mio modo di percepire e agire, ma adesso
amplificato da nuove conoscenze e nuove esperienze.

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